La mitologia classica ci parla di storie straordinarie, di avventure epiche, di grandi viaggi, in un mondo fantastico fuori dal tempo, ma da cui scaturisce la storia del mondo reale. Queste storie, tramandate da una generazione all’altra e rese immortali dai grandi poeti, sono quasi sempre raccontate dal punto di vista degli uomini: gli eroi combattono, viaggiano, conquistano, mentre le donne spesso restano nell’ombra, relegate a ruoli di attesa, sacrificio o seduzione. Ma il talento dei poeti sta proprio nel variare il canone ereditato dal passato; ed ecco che con grande sensibilità e un tocco di straordinaria inventiva, uno dei più brillanti artisti della parola del mondo antico, il poeta Ovidio (43 a.C. – 17 d.C.) sa ribaltare questa prospettiva, dando voce a quelle figure femminili che la tradizione aveva lasciato in secondo piano.
Nelle Heroides, una delle sue opere più originali, il poeta immagina una serie di lettere scritte da celebri donne del mito ai loro amanti o mariti. E così, nei suoi versi, possiamo leggere il lamento di Penelope, che aspetta fedelmente Odisseo mentre lui esplora il mondo, combatte mostri e si intrattiene con ninfe di divina bellezza. Mentre Omero celebra l’eroismo e l’astuzia del viaggiatore, Ovidio ci porta nel cuore di una moglie che, tra speranza e disillusione, conta i sospiri, e i giorni trascorsi tenendo testa a uno stuolo di pretendenti che occupano la sua casa.
Il modo in cui Ovidio interpreta il femminile nel mito
Straordinariamente toccante è la lettera di Didone, la regina di Cartagine, che rimprovera aspramente Enea per averla abbandonata. Il lettore conosceva l’eroe dall’Eneide di Virgilio, che aveva cantato le gesta del progenitore del popolo romano, pio e intrepido realizzatore del disegno degli dèi; ma Ovidio, cambiando prospettiva, ci mostra la sofferenza della donna tradita, la sua rabbia e il suo dolore, che la porteranno al tragico suicidio.
E così anche Arianna, figlia del re cretese Minosse: dopo aver aiutato Teseo a sconfiggere il Minotauro, la giovane crede di aver trovato il compagno della vita, ma viene invece letteralmente piantata in (N)asso. Verrà poi Dioniso a salvarla, facendola la sua sposa; ma intanto la sua lettera a Teseo è un misto di indignazione e incredulità, dinanzi all’ingratitudine dell’eroe altrove celebrato come fondatore della grandezza di Atene.
Non poteva mancare, tra le protagoniste delle Heroides, Elena, la donna più bella del mondo antico, che avrebbe suo malgrado scatenato la guerra di Troia. Ovidio ci trasmette le sue esitazioni: davvero seguire Paride è stata la scelta giusta? Con un’inquietudine che la letteratura epica non le aveva mai concesso, Elena si interroga sul proprio destino, consapevole che alla fine della guerra tornerà da Menelao, il marito tradito.
Con questo straordinario esercizio di stile poetico, Ovidio non solo dimostra la sua maestria letteraria, ma compie anche un’operazione audace: in una società che oggi definiremmo patriarcale e maschilista, sceglie di capovolgere gli schemi e prestare i suoi versi a voci che nella letteratura ufficiale, erano rimaste inascoltate. E così le Heroides ci mostrano come si possa cambiare paradigma, assumendo la prospettiva dell’altro, per scoprire quanto la realtà sia complessa e variegata.
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