Mondadori 2021

Autrice: Teresa Ciabatti

Recentissima uscita dell’autrice dell’autofiction La più amata, del 2017

 

Recensione di Beppe Orlando

“I fatti e le persone di questa storia sono reali, fasulla è l’età di mia figlia, la residenza, altro.”

In questo libro, l’autrice e voce narrante, ci racconta di sé e non solo, in una storia al femminile, in parte vera e in parte no, dove l’immaginato e l’accaduto si confondono e volutamente confondono il lettore in un abile gioco di luci ed ombre: “sono diventata scrittrice per questo, inventare, sistemare”

Nella vita della nostra protagonista, scrittrice finalmente affermata dopo anni vissuti marginalmente in un’insicurezza che ha radici in eventi lontani nel tempo e che la abita e condiziona ancora, fa capolino dopo trent’anni la sua migliore amica.
Sarà il pretesto per procedere, con uno stile quasi cinematografico, ad una rilettura, che saprà di espiazione, di quel fragile e doloroso crogiuolo di illusioni e delusioni, di sensi di colpa e responsabilità vere o immaginate, rappresentato dal proprio vissuto adolescenziale: “
la bomba che esplodendo avrebbe lasciato solo rovine…”

Centro del racconto e vera sostanza esplosiva è Livia, diciassette anni , bellissima e irraggiungibile: ”non c’erano state lezioni di danza né ore di sport a forgiare quel fisico perfetto..tanto vero per lei quanto doloroso per noi appena sbocciate, creature in formazione, esseri sghembi speranzosi di assestamento..”.

Con la tecnica del flusso di coscienza, magistralmente efficace nell’ amplificare quella sensazione di opacità tipica dei ricordi adolescenziali, la voce narrante a volte svela e altre confessa tutti i tormenti nati all’ombra di quella bellezza, gravida di conseguenze, sia nel pieno del suo fulgore che, quando a seguito di un tragico evento, le cui dinamiche e responsabilità si riveleranno nelle pagine finali, è destinata a trasformarsi in qualcosa di diverso. Una mutazione quasi allegorica, una sorta di patto faustiano che, oltre a rappresentare la forza simbolica del racconto, ce ne svela il senso ultimo.

Un libro che attraverso il tema non nuovo della bellezza e della perfezione del corpo femminile come antidoto all’anonimato, scandaglia e porta in superficie, in una sorta di suggestiva autoanalisi, un humus adolescenziale spesso inconfessabile in una coraggiosa e provocatoria visione del mondo femminile.
Un libro intenso e imprevedibile fino all’ultimo, le cui pagine colpiscono, lasciando una sensazione amara, un disagio di fondo che non fanno che testimoniarne la riuscita.

__________________________________

 

Recensione di Elisabetta Robbiano

Ho letto il libro in due giorni: mi ha coinvolto e volevo arrivare in fondo il prima possibile. Ma una volta finito ne sono stata sollevata: finalmente!
Non ne ho nostalgia, non so se leggerò ancora qualcosa di questa autrice.
Il mio commento è limitato ad alcuni aspetti. E ad alcune contraddizioni.

Il romanzo racconta la storia di una donna nell’arco di 30 anni, dalla tormentata adolescenza, in un ambiente familiare povero e frustrante, in continuo perdente confronto con la bellezza altrui, sino alla vita adulta, ormai di successo, ma legata agli antichi conflitti, tormenti e ricordi.
Non ho capito se si tratta di una falsa biografia, raccontata come veritiera, per rendere la storia commercialmente più accattivante.

L’autrice scrive in prima persona. Spesso si rivolge al pubblico dei lettori quasi per chiederne un giudizio o una valutazione.
La
scrittura: un impatto stridente! L’autrice utilizza un linguaggio essenziale, duro, aspro, con frequenti frasi interrotte, con molti incisi, spesso confondenti la frase stessa, da dover rileggere.

Le vicende sono narrate con continui flash back, dai diversi presenti ai diversi passati, e viceversa, della protagonista.
La narrazione non è lineare, e la lettura stancante, faticosa, fastidiosa.

Fastidiosa come la protagonista: donna contraddittoria, tormentata, esasperante, arrabbiata, irragionevole, autopunitiva, disturbante, disordinata, irrisolta, stridente, torbida, senza se e senza ma.
Forse inconsapevole, o al contrario troppo consapevole, e per questo ancor più furiosa.
Gli anni di analisi a cui si accenna sembrerebbero non aver lasciato traccia nel vissuto della protagonista.
Della donna “arrivata e di successo” filtra pochissimo: sul suo più recente periodo di vita vi sono solo cenni con immagini stereotipate: il trolley, l’albergo di lusso, le interviste, il capo redattore…

La protagonista è senza storia, non c’è memoria recente.
E, nel dipanarsi delle vicende del passato, ma anche del presente, il ruolo di donna di successo non sembra veramente appartenere alla protagonista. Come se fosse stato
un po’ catapultato sulle sue spalle, non coerente con le vicende in cui è coinvolta.
Ho recepito poca
“conciliabilità” tra i due ruoli, la donna pubblica e quella privata, come se la donna pubblica, adulta e “realizzata” fosse quasi “estranea” rispetto alla donna privata, tormentata nelle viscere, sino all’ossessione, così irrisolta nel suo presente e rispetto al suo passato, persino cattivamadre.

Forse l’autrice ha attribuito alla protagonista la sua stessa professione per meglio far sembrare veritiera la storia, e forse anche perché è quella che meglio conosce. Ma il risultato non mi ha convinto, ho colto forzatura e poca coerenza rispetto al personaggio che ha delineato.

L’autrice comunque è brava: riesce a rappresentare il male, le contraddizioni, la meschinità, le brutture, lirrisolvibilità in modo molto efficace: sonda bene le ombre della natura umana, quei lati che non vorremmo mai riconoscere o anche solo ricordare.
Tanto che la protagonista che ne esce
è veramente intollerabile.

Forse è qui il merito del romanzo.